Francesco Cosco, Edizioni Prometeo, Castrovillari, 2010
Recensione a cura di Giovanna Baglione Mi accingo a parlare di questo testo come una semplice lettrice “ignorante”, nell’accezione di colei che ignora gran parte di quanto nel testo viene trattato, esprimendo pertanto pensieri ed emozioni indotti dalle parole dell’autore. Nella premessa del Presidente e nella presentazione del Direttore del Parco Nazionale della Sila si accenna a quelli che saranno i contenuti del volume e si esplicitano gli intenti primari dell’Istituzione, che si riassumono nella realizzazione di un rapporto armonico tra l’uomo e l’ambiente, per raggiungere il quale sono stati creati centri visita, giardini botanici, musei naturalistici. Entro quindi nel libro come se entrassi in un luogo sconosciuto. E mi accoglie la Sila, la Foresta Primigenia, con i suoi alberi secolari, il suo silenzio misterioso interrotto dagli stridii degli uccelli e dal tramestio di animali selvatici. Qualche raggio di luce filtra a fatica tra i rami intricati e il fitto fogliame, le narici si impregnano dell’odore intenso del suolo ricco di humus. Architetture fantastiche prodotte dall’abbattersi di alberi morti su altri ancora vivi, anfratti misteriosi ed inquietanti, si offrono al mio sguardo. Mi trovo in uno dei punti più profondi e incontaminati della Selva. Odo, lontane, le voci di soldati romani, fra i primi “rapinatori” del luogo, dal quale ricavarono legno e pece per la costruzione delle loro flotte. Il sito è pieno di bellezza e mistero; è la rappresentazione di quel “sublime” che incute terrore e smarrimento e al contempo affascina, secondo la concezione di Burke, che la natura, nei suoi aspetti più terrificanti, diventa la fonte del sublime in quanto “produce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire”. Le citazioni del D’Alfonso e di Norman Douglas, unite alla profonda conoscenza che l’autore ha dei luoghi e della loro storia, rapiscono il lettore sin dalle prime pagine, guidandolo fra labirinti di alberi, dal passato al presente, attraverso una terra magica che non finisce mai di stupire e di offrire i suoi doni all’uomo che la rispetta. Rispetto, infatti, è quanto essa chiede, in cambio di ricchezza e sostentamento. L’autore evidenzia l’importanza della salvaguardia dell’ambiente, imperativo già ravvisato nel passato, con l’attenzione al diboscamento selvaggio.( 80 anni fa vi fu un movimento generale d’opinione a riguardo, contro la Società Forestale per il Mezzogiorno, SOFOME). Ed è con orgoglio che si sottolinea il ruolo importante dell’Ente Parco nella ricostituzione del bosco e delle sue essenze, abete, faggio, pino. Luogo fascinoso che dona benessere ed emozioni, grazie anche alle numerose sorgenti e ai suoi laghi Cecita, Arvo e Ampollino. Luogo di solitudine e raccoglimento, dove si insediarono grange monastiche i cui resti testimoniano la presenza del monachesimo greco- bizantino, florense e cistercense. Luogo anche di fiorente economia montana, grazie alla ricchezza dell’acqua e della sua forza motrice, che azionò segherie, mulini e frantoi, agevolando il lavoro dell’uomo. L’uomo e la Natura, in un rapporto di armonia e di interazione. Questo testo costituisce un prezioso mezzo di conoscenza e di diffusione, al fine di una piena fruizione di tale patrimonio naturale. Nella seconda parte vengono descritte le realtà sociali attorno al Parco: Cotronei, Mesoraca; Petilia Policastro e Savelli sono presentate da un punto di vista paesaggistico, culturale e socio- economico. Cotronei, sede di importanti impianti idroelettrici, la realizzazione dei quali richiese numerosi cantieri, con conseguente miglioramento del tenore economico, favorito anche dalle numerose industrie nate grazie alla nuova risorsa. Mesoraca, bellissimo borgo settecentesco, mantiene immutato il ricordo della grande abbazia del Frigillo, i cui resti si trovano all’interno del parco. Luogo di culto, ma anche di fiorenti attività economiche e culturali. Non meno importante è la chiesa di S. Maria del “Ritiro”, patrimonio d’arte barocca. Ma dei fasti di un tempo,poco rimane, dal momento che gran parte dei suoi abitanti sono emigrati nel Nord d’Italia e in Svizzera, e i giovani rimasti sono per lo più disoccupati. Petilia Policastro, la cui frazione di Foresta registra una forte espansione urbanistica e demografica, grazie alla sua filiera del legno, dal tronco ai molteplici prodotti derivati. Interessante e significativa è la storia dell’azienda SOFOME (Societò Forestale per il Mezzogiorno); ma lo spirito dei luoghi trova dimora nel Santuario della S.Spina, che si erge in posizione panoramica e mistica; e si completa nell’insediamento rupestre di vita bucolica di Colle della Chiesa, insieme di antri adibiti ad attività pastorali sin da tempi assai remoti. Savelli, arrocato su una montagna, è al centro di un fascinoso paesaggio, fatto di verdi gallerie di castagni e pini e dell’ampia vallata del Lese. Borgo secentesco dalle singolari caratteristiche architettoniche e dagli scorci suggestivi, ha però subito un forte decremento demografico, iniziato a fine ottocento. Quattro paesi, ciascuno con le proprie peculiarità, ma tutti accomunati da un nostalgico senso di malinconia, presente in chi è rimasto e in chi, pur lontano, mantiene la sua terra nel cuore.
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